venerdì 27 aprile 2012

COFFEE SHOP, IO (TURISTA) NON POSSO ENTRARE


Panico nel mondo del turismo da canna. In Olanda é iniziato il conto alla rovescia per la prossima entrata in vigore del ‘wietpas’, un tesserino che verrá richiesto per poter varcare le porte di un coffeeshop  e che verrá concesso solo a chi é residente in Olanda  (e oltretutto solo nella cittá in cui s é registrati) mettendo cosí alla porta i turisti che da sempre, in massa, si recano  ad Amsterdam e dintorni per fumarsi una canna “in santa pace’’.


Ed infatti dal prossimo primo maggio si parte con la sua introduzione nelle province di Limburg, Brabant e Zeeburg mentre il resto del paese, e cosí anche Amsterdam, dovrebbe seguire a ruora a parire da gennaio 2013. Dovrebbe, perché all’indomani della crisi di gabinetto che ha visto le dimissioni del premier Mark Rutte, il futuro sui provvedimenti in corso appare alquanto incerto e nebuloso.
La nascita di questo tesserino é stata concepita per scoraggiare e tenere alla lontana quelli che vengono definiti i ‘drugstoeristen’, i turisti della droga e tutti i conseguenti fastidi che, secondo alcuni, da loro direttamente derivano. In primo luogo gli schiamazzi nel prossimo circondario dei coffeshop la cui esistenza, fino a poco fa pacificamente ricosciuta quasi unanimamente, viene ora messa sempre piú spesso in discussione. Oggi, tanto per fare un esempio, i circa 650 coffeeshop del paese devono trovarsi a un minimo di 250 metri dalle scuole. Ma se passa la proposta del CDA la distanza potrebbe passare a 350 metri.

Il wietpas, letteralmente lasciapassare per l’erba, in sostanza trasformerá i coffeeshop in club privati, chiusi, dove potrá entrare solo appunto chi é in possesso di questo fantomatico tesserino. Per averlo bisognerá quindi registrarsi, fornendo i propri dati personali. Ed é questo uno dei punti piú controversi e dibattutti: la violazione della privacy. Quasi nessuno, ovviamente, vuole registrarsi ufficialmente come cannaiolo. Ed ecco perché ad oggi nelle cittá in cui fra 3 giorni scatterá la sua introduzione, ci sono al momento pochissime richieste.
Inoltre, secondo la nuova norma, ogni coffeshop potrá avere un massimo di 2000 iscritti ed ogni persona non potrá comprare al giorno piú di 5 grammi fra marihuana e hashis. Di per se, giá abbastanza, se se si pensa che in questo modo i residenti potrebbero facilmente trasformarsi in potenziali spacciatori e lucrare sulla voglia di canna dei turisti. Ed é questo il secondo grande punto di discussione. In questo modo, si dice, si rischia di portare la vendita delle droghe leggere in strada. Aumentando, invece che diminuire, la piccola criminalitá con la conseguente diffusione del ‘’commercio sottobanco’’.

Ad osteggiare e dire un no deciso al provvedimento é soprattutto Amsterdam. Si  parla di discriminazione fra residenti e turisti (‘’perché chi vive qui puo’ acquistare e fumare e chi viene da fuori no? In base a quale principio?’’, si chiedono in molti fra i giovani ‘amsteddamer’). E non é un caso che a schierarsi apertamente contro il provvedimento sia Erberhard van der Laan, il sindaco della capitale olandese, che ha piú volte ripetuto di non vedere alcuna’’salvezza’’ nel provvedimento. Per ora il dibattito su Amsterdam resta  aperto. Intanto giovani, giovanissimi e non solo scendono in piazza per manifestare. Il 21 aprile scorso si sono riuniti a Piazza Dam gridando slogan contro l’introduzione del tesserino e bandendo un semplificativo cartello che recitava '' WIET PAS SMOKE MY ASS’’. Tutti, chiaramente, con una canna in bocca.  

giovedì 26 aprile 2012

E ORA BIMBI TUTTI A CAMMINARE

A scuola di Adriano ne sanno una piú del diavolo. Anzi, se ne inventano una piú del diavolo. Le attivitá extrascolastiche sono pari a un campus americano e non c’e’settimana,  anzi  giorno quasi, in cui non si svolga qualcosa di spudoratamente inusuale per una scuola elementare, ovviamente col coinvolgimento dei genitori che volenti o nolenti non si possono sottrarre.  Cosí, stamattina, con un certo terrore ho avvistato il banchetto all’entrara della scuola. Quest’ultimo di solito prelude l’organizzazione di qualcosa di grosso. Piantatici dietro quattro genitori con sorriso durbans che raccoglievano iscrizioni. Io e Adriano, sospettosi piú che mai, abbiamo filato dritto facendo finta di niente. Ma all’uscita della scuola sono stata pizzicata subito da una solerte mamma che mi ha chiesto se Adriano parteciperá alla ‘Avondvierdaagse’. What??? Come non l’hai letta la mail? Ecco: ora dovete sapere che da scuola di Adriano ne arrivano circa 3 a settimana. Tutte, piene zeppe di avvenimenti, proposte,  workshop e Dio solo sa cos’altro confluiscono poi nel sito web della scuola. Se uno volesse leggere tutto dovrebbe dedicare ogni giorno fra le 2-3 ore. Praticamente l’aggiornamento su cio’ che ruota intorno alla scuola é un lavoro part-time. Ma purtroppo nessuno ti paga.
Insomma, io, proprio quella mail lí, no non me l’ero letta. Avevo uno strano presentimento. E infatti… Si svolgerá dal 4 al 7 giugno questa sorta di maratona/passeggiata per bambini. In realtá é organizzata in tutta Olanda, ogni scuola del regno ci partecipa in massa. Quattro serate, si serate (ma tanto qui é giá iniziato il periodo che alle 9 di sera pare mezzogiorno), in cui i bambini percorrono 5 o 10 chilometri cantando festanti con pit stop previsti per rigenerarsi un pó. Il genitore, che deve obbligatoriamente accompagnare il bambino che ha iscritto, puó decidere la distanza che il povero fanciullo dovrá percorrere. Lúltima sera si svolgerá una festa. Suppongo per festeggiare i bambini che saranno sopravvissuti. Io infatti sono sicura che Adriano non fará mai 10 km a piedi, seppur spalmati in 4 serate.. Ma neanche 5. Forse forse due, se stará di buonumore. Vedremo. Stasera gli proporró questa lunga passaggiata sapendo che se acconsentirá, toccherá anche a me.  Seguiranno aggiornamenti. 

domenica 22 aprile 2012

BICI OLANDESI, FAMOLO STRANO


Certo é che in Olanda, in fatto di bici, se ne vedono delle belle. E sopratutto di strane. Se é vero infatti che su 29 mila chilometri di piste ciclabili sparse per tutto Paese, ne girano circa 16 milioni (a fronte di una popolazione di quasi 17 milioni di persone), non pare poi cosí bizzarro che quello che qui é considerato il principale mezzo di trasporto -da chi ha 3 fino a chi ha 99 anni- si sia evoluto e sia stato  declinato nelle piú diverse forme e colori.  Cosí quasi nessuna mamma con 2 o piú bambini puó rinunciare alla Bakfiets (vedi foto sotto), una bici con attaccato davanti un carrelo, quasi sempre di legno, in cui vengono ammucchiati fino a 4/5 bambini. Una volta ho provato a guidarla e, anche se era vuota, é stato un completo fallimento.  



Ma quella che ultimamente mi ha piú stupita, per non dire turbata, é quella che io chiamo la bici-supposta (ma ad accaniti fumatori potrá sembrare anche una navicella spaziale su due ruote). Ebbene si. A volte, pedalando, potrebbe capitare di vedersi arrivare da dietro ad una velocitá piuttosto sostenuta una specie di supposta gigante, dai colori quasi sempre fluorescenti. Una volta scartato che sia una allucinazione/metafora dell’ultimo periodo della propria vita, si capisce che é semplicemente una bici chiusa, coperta,  in cui si guida nelle due versioni seduti o supini, insomma pare comodi. Se guardate la foto qui sotto capirete che non me lo sto inventando, esiste davvero! Per di piú, la persona alla guida é quasi sempre un tipo come quello immortalato in questa immagine. Sguardo truce, capello al vento, ghigno diabolico e occhiale alla ‘Matrix’, supera il banale ciclista a tutta velocitá con lo sguardo ‘’spostati sfigato con quella carrucola’’. Questo mezzo  gira indisturbato anche nella versione scoperta e, secondo me, si puó tranquillamente annoverare nell’immaginario  catalogo delle piú pazze bici olandesi.


A fargli la concorrenza c'é la bici con pedali a mano. Cioé non si pedala con i piedi ma con le mani (vedi  foto sotto). Anche i proprietari di quest’ultimo, girano quasi sempre con una certo atteggiamento di spocchia (anche se sono di gran lunga meno arroganti di quelli della bici-supposta).


Personalmente amo sempre immaginare che i ‘personaggi’ che le guidano vengono da lontano, molto lontano. Se non da Marte (ma ci potrebbe tranquillamente stare) dal profondo sud dell’Olanda, diciamo da Mastricht. Tutto é possibile in un paese che, volendo, si puó interamente percorrere in bicicletta. Ed infatti io non mi stupisco piú quando andando sul ‘Roeteplanner’, il  sito in cui si chiede di tracciare la rotta da un luogo all’altro (anche dai due pizzi estremi del paese), oltre alla posssibilitá di farsi calcolare il tragitto in macchina (buuuu), in treno (doppio buuu), con mezzi pubblici vari (da tiro di 'coppetielli' dietro) a piedi (???), viene anche proposta l’alternativa del percorso in bicicletta. Io per una lunga distanza onestamente non so se lo farei mai. Ma forse, con la bici/supposta un pensierino ce lo farei…E voi???

venerdì 20 aprile 2012

ECCO IL 'WARMING UP' DELLA GIORNATA DELLO SPORT


Ebbene si, alla fine é stata una bella giornata. Per chi non si fosse perso la puntata precedente, ecco una piccola ‘chiosa’ alla giornata dello sport in cui vestivo i panni di leader di un gruppo di bambini della scuola di Adriano che dovevano cimentarsi in una serie di gare sportive . Vestiti tutti con una divisa-maglietta di un verde acceso (no, non era un gruppo di bambini leghisti in incognito spediti  dai genitori a nascondere qualche lingotto ad Amsterdam), si sono  scatenati senza tregua per oltre tre ore. Il freddo non li  ha scalfiti. A loro.

Qui di sopra  pubblico il video del warming up, il riscaldamento, dei bambini prima delle gare. A ritmo di una commercialissima hit del momento, i bambini hanno iniziato, a mio parere, piú a ballare che a riscaldarsi. Ma tant’e’! Sulla collinetta di fronte a loro, i ‘coach’ (alla scuola di Adriano li chiamiamo cosí le maestre e i maestri) mostravano al pubblico di mocciosi adorante gli esercizi che dovevano imitare. Devo dire che erano abbastanza buffi. Bambini, maestre/i, preside, bidelli, Isomma tutti, me compreso.

Il mio gruppo, che non so perché qualcosa giá me lo diceva, era abbastanza  sui generis. Se Adriano ha disertato per un altro gruppo che, ai suoi occhi, era piú 'fat’ (figo) del mio, un altro bimbo non si é proprio presentato all'appello perché malato. Quindi, ci siamo ritrovati con 4 bambini al posto di 6. L., la ‘grande del gruppo’, scura in faccia, mi ha subito detto ''questo non é vero sport’’. Dopo sole 2 ore finalmente le ho strappato il primo sorriso. J., l'altro bambino diciamo cosí grande,  voleva fare solo  ó burdello.  E poi loro, i due piú piccoli. Un maschietto e una femminuccia che si sono attaccati a me come due cozze senza concedermi un secondo di tregua. Nemmeno quando é arivato il caffé x tutti i genitori/accompagnatori me lo sono potuto prendere perché non avevo le mani libere e manco lí mi mollavano! Quando li ho riaccompagnati in classe ho tirato un sospiro di sollievio. E mi sono andata a prendere il mio agognato caffé. Finalmente al caldo.

martedì 17 aprile 2012

LA GIORNATA DELLO SPORT A SCUOLA: PERCHÉ ACCETTAI?


Perché perché perché ho detto si? Perché ho accettato di partecipare prima di leggere tutte le istruzioni? Ormai non mi posso piú tirare indietro, solo poche ore mi separano  dal fatidico evento: LO SPORTDAG, ovvero la giornata dello sport che si svolgerá nella scuola di mio figlio Adriano. Quattro interminabili ore in cui 52 genitori, spontaneamente consegnatisi agli organizzatori, dovranno capitanare e accompagnare ciascuno un gruppo sei bambini (nelle istruzioni cnsegnateci avvertono che alcuni potrebbero essere un pó ‘pittig’, un modo carino per dire belve scatenate). Questi ultimi si sfideranno a colpi di giochi sportivi.
Ora, quando io ho sentito che la scuola era a caccia di volontari per questo fantomatico giorno dello sport, mi sono messa a disosizione. Perché no? Pensavo: 2 flessioni, un pó di corsa, hop hop,su bambini, hop, pedalare!. Sti caz. Quando é arrivata la mail dalla maestra di ginnastica, 4 file pesantissimi allegati, ho realizzato. E mi sono giustamene allarmata. Paginate di spiegazioni, ovviamente tutte in olandese. Che vabbe’, si, io lo parlo, l’ho imparato giuro, ma mó leggersi 22 pagine fitte fitte carattere 8 mica poi é cosí facile. Comunque: stasera ho studiato. E ho capito che: guideró una squadra di 6 fra cui Adriano (che giá  ha giá annunciato battaglaia dalle primissime ore del mattino perché lui la tuta non se la metterá mai), che li dovró prelevare in classe (facendo l’appello dei nomi -x fortuna sono quasi tutti facili tranne uno/a (?) che si chiama Djaruz-) , li deporteró nel parco di fronte e li faró  competere contro  altre 51 agguerrittissime squadre di bambini, che, in tutto, saranno solo un 300. I giochi in cui si dovranno cimentare saranno in tutto 13 e andranno dagli intramontabili staffetta e gara coi sacchi ad alcuni che sfortunatamente, anche con vocabolario alla mano, non ho capito fino in fondo. Penso che la mia squadra purtroppo perderá.
In tutto questo, quando ne avranno bisogno, li dovró  accompagnare in bagno a fare pipí (se mi va bene), abbeverarli e, alla fine, anche se sono stati le piú pippe di tutti come prevedo (visto che io non sapró spiegargli i giochi), dargli un premio. Ce la faró? Ho i miei dubbi. Per due fondamentali ragioni.

1) ho un mal di denti che mi sta uccidento (mi ha colpito la  cosídetta maledizione dell’occhio secco del dentista offeso: ho incatuamente cancellato un appuntamento fissato da mesi. Dopo due ore esatte un dente mi ha iniziato a tormentare. Richiamato e pregato in ginocchio di riprendermi, il dentista mi ha gentilmente sfanculato alla prossima settimana).

2) Le condizioni metereologiche. Che tempo ragazzi! Da due giorni siamo miseramente riprecipitati fra i 3 e 5 gradi. Ma non solo. Piove. Ma non solo. Il vento soffia come la bora quando ne parlano al telegiornale. Talmente forte che ho il terrore che qualche bambino del mio gruppo se ne voli via, lontano. E io mi dovró giustificare con i genitori che non li avró ancorati bene al terreno sottostante. Aiuto, aiuto, aiuto. Lo sport fa bene? Insomma. 

lunedì 16 aprile 2012

AMSTERDAM E IL SUO TERZO OCCHIO: APRE ‘EYE’, IL MUSEO DEL CINEMA


Appassionati di cinema. Ma anche fanatici di architettura. Richiamerá soprattutto loro, e non solo, il nuovissimo ‘Eye’, l’imponente museo del cinema che ha appena aperto i suoi battenti sulle acque di Amsterdam, proprio di fronte alla stazione centrale (e raggiungibile da lí con un nostalgico e gratuito Ferry). L’edificio, con la sua forma, appunto di un occhio affilato, é diventato la nuova moderna sede del Film Institute Netherlands e conta al suo interno  4 sale cinematografiche, ognuna con un suo diverso stile, spazi dedicati alle mostre, ai workshop, un immancabile ‘store’, un ristorante e una terrazza dove, quando c’e’, batte anche il sole.
Ospitato prima del suo trasferimento in un edificio all’interno del Vondel Park, il mitologico parco di Amsterdam, il museo, nato nel 1946,  vanta una collezione di circa 40 mila pellicole, dai muti alle ultime produzioni digitali. Ha in calendario una serie infinita di proiezioni, dai classici ai film per bambini, i veri padroni di questo paese.  Ma le vere chicche, a mio modesto parere, saranno le restrospettive sui grandi autori. Una su tutte, quella su Stanley Kubrick, dal 29 giugno al 9 settembre.



Progettato dallo studio di architetti viennese Delugan Meissl Associeted (gli stessi del Porche Museum di Stoccarda), l’''Eye’ Museum, ancora prima della sua apertura, ha suscitato una serie di polemiche. Quasi di piú della Teca di Richard Meier per l‘Ara Pacis a Roma. Con le sue superfici cristalline che, riflettendo la luce del giorno creano un effetto ottico diverso durante tutto l’arco della giornata (dato che ad Amsterdam cambia tempo minimo 52 volte al giorno), l' ‘Eye’ é stato oggetto di discussioni proprio per la sua moderna struttura. E se il 'Parool', il ‘Messaggero’ di Amsterdam, ha chiesto ai suo lettori se fosse da considerare una abbellimento o meno per la cittá (ma il 75% ha detto si), gli olandesi duri e puri hanno alzato il sopracciglio e si sono chiesti se fosse il caso di dare al museo un nome inglese.

Col dichiarato scopo di entrare nell’empireo delle strutture del cinema che hanno fatto epoca, il Roxy Theater di New York e il Kiro International di Berlino su tutte, il museo é stato aperto la scorsa settimana in pompa magna della regina Beatrix, che giá da un pó, nonostante il terribile e secondo alcuni irreversibile incidente del principe Friso sulle nevi di Innsbruck, ha ripreso come un caterpillar i suoi impegni istituzionali.  
Situato ad Amsterdam Nord, l’‘Eye’ é solo l'ultimo degli edifici moderni e spettacolari che adornano questa parte della cittá. A ‘due passi’ dal Nemo di Renzo Piano (che ospita il museo della scienza e della tecnologia) e dal  Muziekgebouw, la struttura dedicata alla musica classica,  l'‘Eye Museum’ non trascura l’Italia. Da sempre l’Istituto olandese ha in cartellone Festival dedicati al nostro cinema. E non a caso nei giorni scorsi é stato propiettato su uno dei suoi schermi il nostro  ‘Novecento’. E cosí anche Amsterdam, strizza l’occhio, il suo terzo occhio, all’Italia.  

venerdì 13 aprile 2012

MA PERCHE' IN OLANDA SI INVENTANO I NOMI?


Per tutti gli stranieri d'Olanda é vissuto come un vero e proprio strazio: imparare i nomi degli olandesi. Ma, prima ancora, capirli (fase uno). Dopodiché esercitarsi a pronunciarli (fase due). Finalmente impararli a memoria (fase tre) e infine utilizzarli con una certa scioltezza (quarta e grazziedio ultima fase). Facendo finta che loro, la prima volta che si sono presentati, ti abbiano detto semplicemente Antonio, Giuseppe, Francesco o Paola, Michela o Silvia. E invece no! Dalla loro bocca, in un buon 70% dei casi, é uscita una parola che alle tue orecchie é suonata piú o meno cosí: ZTRSCJKTRS. Allora tu, paziente, hai chiesto di ripetere quel suono per te assolutamente inafferrabile, con il tono di chi ''scusa ma transitava un aeromobile proprio sopra le nostre teste, non ho potuto sentire bene’’.  Loro, pazienti pure, lo ripetono chiedendosi fra se e se come mai quasi tutti gli italiani abbiano problemi di udito (visto che effettivamente non passava nessun cazzarola di aereo). 


Quindi, realizzato che tu non ce la farai mai a memorizzarli, aguzzi l’ngegno. Non potendo chiedere piú di due-tre volte 'come ti chiami?', parti con trucchetti di bassa lega per scovare il nome che incatuamente ti é sfuggito. Mi si sono illuminati gli occhi quando la mia vicina di casa, i cui nomi dei figli sono assolutamente impronunciabili  (addirittura uno si differenzia per una sola vocale da una turpe parolaccia italiana), mi ha mostrato l’album di foto di loro piccoli con a lettere cubitali il nome dei pargoli sovraimpresse. Da allora in poi, e solo leggendoli nero su bianco, li ho capiti. Un problema a parte consiste nel fatto che, in un buon 50% dei casi, io non capisco bene se il nome é femminile o maschile. Fokke, Sukke, Jap, Jop, Jay, Finne, Cas, Jes, Mebel, solo per citarne alcuni. Questo ovviamente crea una serie di equivoci. Molto gettonato inoltre chiamare le femminucce con nomi per noi italiani maschili. E viceversa. Cosí ovviamente Luca e Andrea, che ve lo dico a fá, sono bambine. Una volta, ma diversi anni fa, al parco ho anche sentito chiamare una bimba, di al massimo 2 anni, Giovanni. 

E, last but not the least, c'e' la categoria di quelli che i nomi se li inventano proprio. Cioé non esistono. In nessun paese, in nessuna lingua. Li creano loro dal nulla. Ma é legale? mi chiedo. L’esempio regina io ce l’ho in famiglia: il mio compagno nonché padre di mio figlio. Si chiama Merlijn, tradotto Merlino. Si, certo, esiste. Nelle favole peró! Questa invece é vita vera caro mio! Quando me l’ha detto la prima volta ho creduto per un paio di giorni che mi stesse prendendo in giro (tipo, mó te la faccio io la magia). Inoltre, per tre mesi non ho pronunciato il suo nome correttamente (per via del famigerato dittongo Ij, che merita su questo blog un paio di capitoli a parte). Finché un suo amico mi ha chiesto il perché lo chiamassi cosí. E’un nomignolo o cosa? Eh.. bhe si..piú o meno.. Noi italiani, sai, ribattezziamo un pó tutti…, ho mentito spudorata.  E io, che ad oggi, ancora devo capire perché lui non mi corregesse.  Ora, intanto, col passare degli anni e con l'accomularsi di svariate figure di merda, piú o meno me la cavo con sti nomi . Infondo, appartengo a  una generazione in cui si sprecano i Samantha, J.r., Alex  etc. Ma quei poveretti dei miei genitori ? Chiamano i miei suoceri  Jin e Jang (veri nomi Hinke e Jan) quindi figuriamoci tutti gli altri. A loro, che quando mi chimarono Gaia furono allora additati come 2 insurrezionalisti (il nome era piuttosto unusuale per l’epoca) ecco a loro, va tutta la mia solidarietá. 

mercoledì 11 aprile 2012

THIS IS ALSO AMSTERDAM...

                                      I AMSTERDAM é il significativo  logo della cittá...
                                         

                    Questo video racconta in immagini quello che c'e' oltre alla solita immagine che viene propinata.



                           

domenica 8 aprile 2012

L’UOVO DI PASQUA? TE LO DEVI GUADAGNARE BAMBINO MIO


L’uovo di Pasqua? Lo vuoi? Bhé scovalo se ci riesci e poi ti sará dato di mangiarlo. Detta in questo modo potrá sembrare un pó brutale. Ma in fin dei conti é cosí. Perché i bambini olandesi -e tutti quelli comunque residenti nei Paesi Bassi con regolare permesso di soggiorno e una smodata voglia di integrazione- mica lo ricevono cosí, l’uovo,  aggratis perlopiú. Se lo devono cercare! Nei giorni pasquali infatti si scatena una vera e propria caccia. Cioé i genitori, gli ovetti (quelli piccoli piccoli e senza nemmeno una fetente di sorpresa dentro), sadici piú che in altri periodi dell’anno, li nascodono. In giardino, i piú fortunati, in mezzo ai cortili e giardinetti pubblici i meno abbienti. Per caritá i bambini sono felicissimi di scatenarsi in questa caccia all’uovo. I piú scaltri ne accumulano in quantitá smodate che li porta a un mal di pancia che va da un minimo  di due a un massimo di quattro giorni. I meno fortunati, invece, e anche quelli con problemi di vista, a volta se ne riescono ad accaparrare soltanto un paio, con conseguente crisi psicologica, che pure dura dai due ai quattro giorni.


Ecco, secondo me la caccia alle uova é un pó la metafora delle regole di questo paese. Ovvero: vuoi qualcosa? A Bello! Te la devi faticare! Secondo alcuni é proprio cosí facendo che si costruisce un economia forte, a prova di crisi.  Partendo  da subito, educandoli  da bambini a faticarsi –per caritá divertendosi- anche l’ovetto. Che insomma, non é che solo perché é Pasqua e tu sei un moccioso come tanti altri lo devi avere cosí, regalato da parenti, amici e dai nonni che, come minimo solo loro, te ne recapitano tre. Uno, fra l’altro, con la sorpresa personalizzata fatta inserire apposta x te da qualche mettre a chocolatier. Che per fare cosí, infatti, hai visto a noi che ci é successo? Con l’idea che tutto ci é dovuto -a partire da quello che sembrava un innocente ovetto- siamo andati praticamente in rovina: lo spred si é impennato, le borse  sono crollate e il governo é caduto. E’ per questo, caro presidente, che le faccio una proposta: perché non inserire per legge in Italia la caccia all’uovo di Pasqua con conseguente messa al bando di tutti gli evasori, genitori furbastri che ancora si ostinano a regalarle di nscosto queste uova? Certo, ci sarebbe di sicuro una ondata di scioperi. Milioni di bambini si rifiuterebbe di tornare a scuola dopo le vacanze di Pasqua, scenderebbero  in piazza con girelli,  tricicli, biciclette  per  bloccare anche loro tanto per cambiare il traffico (e affiancati, perché no, anche dai soliti tassisti). Al momento ci sarebbe un gran casino. Ma in compenso, sa che tirata per la futura economia.  Ah…. bello fantasticare, io intanto scusate torno alla reltá, ho fretta. Devo andare a nascodere gli ovetti.

giovedì 5 aprile 2012

BICI DELLA NONNA UN CAVOLO

La chiamano la 'Oma Fiets',  la bicicletta della nonna. Lasciando cosí intendere che questo particolare tipo di bici sia facile, facilisima, da utilizzare. Se anche una vecchietta ci sale in sella, chssá io che peripezie saró in grado di fare, pensa l'uomo medio, quello della strada, quello che in Olanda ci é arrivato solo in etá adulta. E invece no! E' uno dei mezzi di traspoto piu 'subdoli e pericolosi in cui un italiano si possa imbattere. Per una ragione su tutte: non ha i freni (vedi foto). O meglio, li ha, ma sono i cosídetti (malefici) freni a pedale. Questo significa che mentre si é lanciati a velocitá per una bici comunque elevate, si deve portare i benedettissimi pedali all'indietro producendo un innaturale effetto frenata che, minato irrimediabilmente il proprio equilibrio, porta, se non si é sufficientemente allenati, a schiantarsi contro il primo oggetto contundente che si para sul proprio tragitto.  E che, se si é fortunati, é un semaforo (che inizia cosí ad oscillare minacciosamente), ma che se lo si é meno é una macchina (il cui proprietario bestemmiato a dovere si appropinqua a scendere). Il tutto fra i sogghigni degli astanti, cittadini ovviamente perlopiú olandesi (gli stranieri quasi sempe ti mostrano una certa pietá), che capiscono subito che tu, proprio, non ci sei nato come loro sulla bicicletta. 

Ecco, io ora questa carissma Oma Fiets, l'ho iniziata a usare da circa una settimana. Sette giorni di terrore, sette giorni che rischio la vita, sette giorni che mio figlio che mi pedala a fianco come un centauro consumato mi guarda schifato e mi urla nella sua lingua 'Mamma wat doe je'? (Mamma, ma che fai???). Ora, non solo uno suda freddo ogni volta che si muove da un luogo all'altro ma si deve pure sentire umiliato da uno di 5 anni  che,  nonostante sia tuo figlio, ti esorta in un'altra lingua a darti un certo contegno. Voi che fareste? Io ho deciso: la domenica mi vado ad allenare in stradoni senza macchine cosí come si faceva quando bisognava imparare a guidare la macchina a 18 anni. Ma questa, poi mi dico, é una bici, la bici della nonna! Bici della nonna un cavolo.